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VIDEO | Crevalcore, il ricordo della strage 20 anni dopo: quei 17 morti nella nebbia in un giorno in cui “non si doveva lavorare”

PoliticaVIDEO | Crevalcore, il ricordo della strage 20 anni dopo: quei 17 morti nella nebbia in un giorno in cui “non si doveva lavorare”

(La foto di copertina è tratta dal video pubblicato dal Comune di Crevalcore)

BOLOGNA – Quella mattina del 7 gennaio 2005 la nebbia era talmente fitta che non si vedeva a un passo. “Non si poteva pensare di caricare sulle spalle di una persona sola la vita di 200 persone in quelle condizioni”. A dirlo è il sindaco di Crevalcore, Marco Martelli, che questa mattina ha svelato il nuovo memoriale in ricordo delle 17 persone che persero la vita nella tragedia ferroviaria di 20 anni fa in provincia di Bologna, quando un interregionale e un treno merci si scontrarono frontalmente sulla linea Bologna-Verona in zona Bolognina di Crevalcore. Di quel giorno “ricordo l’angoscia dei familiari e il silenzio soccorritori- dice il sindaco- ci vollero tre giorni e due notti per avere la certezza delle vittime”.

UN UNICO BINARIO, UNA NEBBIA TERRIBILE

Martelli mette in fila gli elementi chiave di quella mattina di 20 anni fa. “Un unico binario- ricorda- una nebbia terribile, un semaforo e stazioncina di scambio dispersa nella campagna, senza sistemi di sicurezza sul treno. Purtroppo siamo arrivati tardi. Il dubbio che quel giorno su quel treno non ci fossero le condizioni per lavorare non ci abbandona”.Per i vertici di Rfi il processo si chiuse con l’archiviazione nel 2011 e si stabilì che la causa dell’incidente fu l’errore umano. “Ma non si poteva fare altrimenti- afferma il sindaco di Crevalcore- quel giorno c’era una nebbia che non si vedeva nulla. Non si poteva pensare di caricare sulle spalle di una persona sola la vita di 200 persone in quelle condizioni. Non si poteva. Per fortuna adesso il binario è stato raddoppiato e sono stati installati sui treni nuovi sistemi di sicurezza, per cui abbiamo migliorato. Ma gli incidenti sul lavoro sono continui, quindi tanto da fare c’è ancora”.

LA MANCANZA DI SICUREZZA

Sulla stessa linea è il sindaco metropolitano di Bologna, Matteo Lepore. “E’ importante oggi ricordare queste 17 vittime, non dobbiamo dimenticarle- dice- ce lo chiedono i loro familiari e tutte le persone che lottano per la sicurezza nei luoghi di lavoro. Ricordiamoci che questa strage è avvenuta per una situazione che purtroppo si ripete costantemente nel nostro Paese e sulle ferrovie: incidenti e morti che avvengono per mancanza di sicurezza. Lo stiamo vedendo sempre di più e Bologna è stata troppo colpita in questi decenni. Nonostante le tecnologie avanzino, l’organizzazione parte sempre dalle scelte umane. Quindi penso sia importante che le Ferrovie dello Stato su questo facciano un passo avanti decisivo e importanti. Basta morti sul lavoro e in particolare in ambito ferroviario”, afferma il sindaco di Bologna.

Questa mattina a Crevalcore, per il 20esimo anniversario della tragedia, il cardinale Matteo Zuppi ha celebrato la messa nella chiesa di San Silvestro. Poi la cerimonia è proseguita al cippo in ricordo delle vittime, nel parco 7 gennaio 2005 alla Bolognina. Dopodichè è stato inaugurato il nuovo memoriale, realizzato nel punto dell’incidente utilizzando un resto del treno (un respingente) ritrovato nel corso dei lavori di realizzazione della Ciclovia del Sole, che passa proprio lungo l’ex tracciato della linea ferroviaria. “Così chi percorrerà la Ciclovia del Sole, vedendo quel memoriale, si fermerà e con un QrCode potrà vedere la storia di tutto quello che è successo”, spiega il sindaco di Crevalcore. Quella di 20 anni fa “fu una tragedia per questo territorio- commenta l’assessora regionale ai Trasporti, Irene Priolo- è una ricorrenza che sentiamo molto vicini. Questa vicinanza dimostra la sensibilità che dopo tanto tempo non passa”.

Priolo ricorda anche “tutte le fatiche che facemmo da amministratori” e gli “investimenti seguiti dalla Regione per la sicurezza”. Poi aggiunge: “Le morti sul lavoro sono una piaga da risolvere, purtroppo quando c’è la perdita di vite umane è un dramma che riguarda tutte le comunità e i sistemi di sicurezza. Sono numeri che non rendono conto dell’indice di miglioramento della sicurezza sui luoghi di lavoro, perchè abbiamo statistiche che dimostrano come siano in diminuzione gli incidenti. Ma quando c’è la perdita di una vita è sempre irrecuperabile. Quindi bisogna continuare a fare investimenti”. Presente alla cerimonia anche il presidente dell’Assemblea legislativa, Maurizio Fabbri, molti sindaci del territorio e anche il presidente del Consiglio comunale di Imola, Roberto Visani, che in una nota afferma: “Il dovere della memoria ci porta ogni anno ad essere presenti a Crevalcore per stringerci attorno ai familiari delle vittime di questa assurda tragedia, che deve rappresentare ancora oggi un monito per continuare ad investire nella cultura della sicurezza”. In rappresentanza del Gruppo Fs erano presenti Alessandro Tullio, Francesco Angeloni e Michele Magri.

LA VEDOVA DEL CAPOTRENO CINTI: “IL DESTINO SI ACCANÌ”

“Non c’erano garanzie, non sapevano neanche di dover incrociare un treno”. E poi “il destino ha fatto il suo gioco”. Così Paola Rapezzi, vedova del capotreno Paolo Cinti, racconta la tragedia ferroviaria di Crevalcore avvenuta 20 anni fa in provincia di Bologna. La signora Rapezzi è presente, come ogni anno, anche questa mattina alla commemorazione in ricordo delle vittime. “Sono passati 20 lunghissimi anni- dice- ma è come se fosse ieri. Il ricordo è vivissimo, il dolore è sempre vivo e siamo qua. Speriamo che davvero tutta questa attenzione continui nel tempo per garantire la sicurezza in ambito ferroviario, ma non solo. E’ importante la sicurezza sul lavoro: che uno possa partire al mattino con la certezza di ritornare alla sera in massima sicurezza”.

Per l’incidente di Crevalcore si è parlato di errore umano. “Mio marito faceva questa linea spesso- continua la vedova del capotreno- ricevetti l’ultima telefonata alle 9.34 e lui era tranquillo. Era una linea tranquilla, non c’erano incroci di treni solitamente. Purtroppo quel giorno sono mancate cose, il destino si è veramente accanito. Non c’è stata la telefonata di avviso, non c’era la segnalazione dell’incrocio del treno, non c’erano i catarifrangenti che garantivano il segnale sul binario in occasione di una nebbia così forte e non c’erano più i mortaretti sulla linea per segnalare queste occasioni. Il destino ha fatto il suo gioco”.

In poche parole, afferma la signora Rapezzi, “ci deve essere la sicurezza, la tecnologia e tutto quanto. Mio marito è stato assunto negli anni ’80 e già si parlava del raddoppio del binario. Sono passati un bel po’ di anni, la disgrazia è capitata nel 2005. Bisogna fare le cose e garantire la sicurezza prima che avvengano le disgrazie, queste in tutti i campi”. E aggiunge: “Errore umano? Loro sicuramente sono partiti per tornare a casa. La nebbia era tanta e purtroppo i segnali erano piccoli. Non c’erano garanzie, non sapevano neanche di dover incrociare un treno”.

Presente alla cerimonia, insieme ad altri familiari, c’è anche Elisabetta Di Lullo, vedova di Francesco Scaramuzzino. “Era ferroviere- racconta- era sul treno passeggeri, aveva finito il suo turno e stava rientrando alla stazione di San Giovanni per poi venire a casa a Renazzo. E’ come se fosse sempre il primo giorno. Non cambia. Il ricordo è sempre lì, non lo puoi dimenticare”. In quei giorni, ricorda la signora Di Lullo, “avevamo appena cambiato casa. Era tre giorni che abitavamo nella casa nuova, a Renazzo, ci stavano montando la cucina quella mattina lì. Eravamo in casa io e mio figlio. Mio marito doveva rientrare a pranzo, ma non tornava. Allora ho chiamato e da San Giovanni mi hanno detto che era successo un piccolo incidente e che erano tutti là ad aiutare. Intanto stavano cercando i miei familiari a Calderara. C’era una nebbia che non si vedeva niente. Io lo aspettavo e in continuazione cercavo di avere notizie. Poi verso le sei sono arrivati i miei familiari e abbiamo capito subito che era successo qualcosa. Da lì mi sono trasferita a casa da mia sorella e siamo stati lì tutto il tempo. Poi ho trovato casa più vicino e questa l’ho data in affitto. Però il ricordo di mio marito c’è sempre”.

Anche la vedova Scaramuzzino, sulle cause della tragedia non si sbilancia. “Errore umano? Colpa delle Ferrovie? Non lo so- risponde- ci sono tante cose che bisogna andare a vedere. Io però posso dire che quando ho avuto bisogno, devo essere sincera, le Ferrovie mi hanno sempre aiutato. Poi è logico che loro devono fare le loro cose e io, avendo messo in mezzo i miei avvocati, ho fatto le mie”. Alla commemorazione era presenti anche diversi comitati di familiari, come quelli della tragedia di Viareggio. Tra i vari striscioni, anche uno che recita: “Unico errore umano non ribellarsi”.
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