(Adnkronos) –
Vladimir Putin avrà risorse sufficienti per continuare la guerra in Ucraina, come l’ha fatta fino a ora, solo per altri 12-18 mesi, mentre il comparto militare in Russia ha avviato una ristrutturazione strategica che durerà 8-10 anni che dovrà essere alimentata in modo significativo, anche se non necessariamente ai livelli del prossimo anno, quando sono previste spese per la difesa per oltre il sei per cento del prodotto interno lordo, con un ulteriore aumento quindi sul record segnato nel 2024, senza che i conti ne risentano.
Nei giorni scorsi il governo ha presentato alla Duma la bozza del bilancio di previsione per il 2025 e per il 2025-2027. E da questi provvedimenti è possibile anticipare i piani di Mosca e i possibili punti di frattura come hanno fatto gli economisti Aleksandra Prokopenko, ex consigliera della Banca centrale russa e ricercatrice alla Alta scuola di economia di Mosca, e ora fellow di Carnegie Russia Eurasia Center, e Alexander Kolyandr, ex vice presidente di Credit Suisse, e analista al Cepa, in un podcast prodotto da Carnegie Russia Eurasia Center.
La spesa militare è considerata come il principale motore della crescita economica ora, con gli indicatori a confermarlo, ma anche in futuro. E’ la tesi di molti, fra cui il ministro della Difesa Belousov. Ma ci sono altre voci, favorevoli a un riequilibrio dell’economia, prive in questo momento della forza politica della lobby industriale, come quella della governatrice della Banca Centrale Elvira Nabiullina, che segnalano la fragilità sul medio e lungo termine di questo modello. Il Cremlino accantona i loro timori, con l’idea di affrontare i problemi mano a mano che si presentano.
Ma la domanda interna per la difesa non è infinita ed è anche possibile calcolare quando si esaurirà. Anche le prospettive per le esportazioni non sono positive, considerate le sanzioni. Quindi fra 5-7 anni il Paese potrebbe dover affrontare un altro shock economico, secondo Prokopenko. Ma una cosa va considerata: la fine della guerra contro l’Ucraina non significa, per la Russia, la fine di una spesa militare sostenuta.
Una volta chiusa la finestra della ‘normalità di questa guerra’, per Putin “sarà sempre più difficile”, ed è già visibile da questi bilanci di previsione, continuare a mantenere lo status quo, vale a dire continuare a gestire le tre variabili dell’economia interessate dal conflitto in Ucraina, le spese per il welfare – che già il prossimo anno scenderanno, anche se neanche lontanamente ai livelli della fine degli anni Ottanta e dell’inizio degli anni Novanta – il finanziamento per le imprese delle difesa e la stabilità macroeconomica.
Il bilancio della difesa aumenterà quindi anche nel 2025, sia in termini nominali che come porzione del prodotto interno lordo con i conti in ordine. Perché nei prossimi uno o due anni saranno necessari altri soldati, armi in sostituzione di quelle usate al fronte, sistemi di difesa e elettronici per la difesa delle imprese civili.
Il governo russo è ora in grado di spendere di più nella guerra perché è convinto di poter contare su più entrate il prossimo anno. Il flusso delle entrate non riconducibili alla vendita di gas e petrolio aumenterà del 73 per cento il prossimo anno. Il surplus arriverà dall’aumento delle tasse per le imprese e i redditi varato quest’anno e che entrerà in vigore nel 2025, all’aumento dell’Iva generato dalla crescita economica e dal taglio del resto della spesa pubblica non militari. Il surplus sarà interamente assorbito dall’aumento delle spese per le difesa: le altre voci della spesa pubblica scenderano. Un andamento già visibile in Russia, con lo stop alla costruzione di nuove strade e ponti.
Il comparto della difesa sta operando al massimo delle sue capacità per sostenere le necessità della guerra. Ma già all’inizio di quest’anno, ha raggiunto il limite. Per questo è necessaria la ristrutturazione, per aumentare la capacità di produzione che non può essere finanziata altrimenti che con finanziamenti pubblici.
Per spiegare la crescita economica, va ricordato, come fa Kolyandr, che tradizionalmente i Paesi di grandi dimensioni in guerra vedono le loro economie crescere, perlomeno all’inizio e fino alla fase intermedia del conflitto. Fra i fattori non previsti che hanno reso meno efficaci le sanzioni e contribuito alla crescita economica, c’è anche il blocco in Russia dei capitali che invece, prima del febbraio del 2022, fluivano in abbondanza in Occidente, dove venivano usati per acquistare dollari, azioni, beni di lusso.
Inoltre Putin e i suoi conti sono stati salvati dalla globalizzazione dell’economia, che invece il Presidente russo critica politicamente ma che consentono a Mosca di evadere le sanzioni. La Russia vende petrolio e gas a Paesi non allineati, che non sostengono le restrizioni economiche contro Mosca, come non sarebbe stato possibile negli anni Settanta. Ora la Russia è in grado di vendere il suo petrolio e procurarsi i microchip altrove che in Occidente.
Fra i fattori che invece anticipano una crisi a venire vi è il mercato del lavoro esteso al massimo. Con una disoccupazione del 2,4, forse anche del 2,3 per cento, non è possibile aumentare la capacità di produzione del complesso militar-industriale. Anche per questo, potrebbe essere molto efficace, per potenziare le politiche del fronte di Paesi che sostengono l’Ucraina, promuovere politiche di ‘recruitment’ di personale russo nei settori dell’It, tecnologia, scienza, indipendentemente dalla loro posizione politica così come anche facilitare il ritorno alla fuga dei capitali dalla Russia.