(Adnkronos) – “Il mio primo pensiero, quando succedono fatti di questo tipo, è mettermi in contatto con la persona interessata per esprimergli la mia solidarietà e per aiutarla. Gli parlerei con il cuore”. Così Franco Birolo, tabaccaio che nel 2012 uccise un ladro che si era introdotto nel suo negozio e solo nel 2019 fu scagionato definitivamente dopo un iter giudiziario durato molti anni, commenta all’Adnkronos quanto avvenuto stamattina a Milano dove un 37enne è stato ucciso, pare dopo aver provato a rapinare dei gratta e vinci, dal titolare del bar che avrebbe reagito quindi al tentativo di colpo.
“Solo chi ha passato qualcosa del genere sa a cosa va incontro e cosa si prova in quel momento – sottolinea Birolo – Io mi auguro che il magistrato o il pm valuti attentamente e, se deve stare da una parte, stia dalla parte del commerciante, della persona onesta, e non dalla parte del criminale”. “Bisogna immedesimarsi in chi si trova svaligiato del suo lavoro, del suo sacrificio e di soldi che non riuscirà più a recuperare”, spiega l’ex tabaccaio.
“Io ero convinto di aver agito nel migliore dei modi possibili in quel momento e sono stato anche fortunato perché, alla fine, le cose si sono rivelate in mio favore”, spiega Birolo che ha ancora impressi quei momenti negli occhi: “Sono stato aggredito da una persona alle spalle, avevo l’arma in mano, l’ho alzata e nella colluttazione ho sparato un colpo senza mirare, ho chiuso gli occhi aspettando il colpo del ladro. Lui per mia fortuna non mi ha colpito, io pero sì. Sono cose che accadono in pochi attimi”. Pensando a quei momenti l’ex tabaccaio ha di nuovo la voce rotta dal pianto: “Io tremavo al pensiero di quello che mi sarebbe successo, di quello che avevo causato alla mia famiglia e alla persona che non c’era più. Mi sono tirato su’ le maniche e ho affrontato tutto”.
A intervenire commentando con l’Adnkronos quanto accaduto all’alba di oggi nel capoluogo lombardo è anche Francesco Sicignano, il pensionato che nel 2015 sparò e uccise un ladro entrato nella sua casa a Vaprio d’Adda, nel Milanese. “Quelli che quando è capitato a me urlavano al ‘Far West’ e chiedevano di abolire tutte le pistole, ora chiederanno di togliere tutte le forbici dalle case?”, si sfoga. “Non è questo il sistema di affrontare la sicurezza, servono leggi ben chiare e pene certe, non favoritismi”, si lamenta Sicignano. Dopo la rapina finita nel sangue nel 2015 venne indagato per omicidio volontario, ma l’indagine, su richiesta della procura, venne archiviata dal gup. “Non sono andato nemmeno a giudizio, con me hanno fatto presto, perché sono stato molto chiaro e la verità l’ho detta fin dall’inizio”, racconta il pensionato.
L’esito della sua vicenda giudiziaria, però, non lo ha fatto arretrare nella battaglia per chiedere norme più stringenti sulla legittima difesa. “La legge è stata un po’ migliorata, ma non più di tanto. Bisogna mettersi in testa che le proprietà private sono inviolabili. Quando si entra in una proprietà privata, si perde ogni diritto”. Se il 37enne “non fosse andato a rubare e fosse rimasto a casa sua, non sarebbe successo nulla”, anche perché “con l’adrenalina in corpo ogni individuo reagisce in modo diverso, c’è quello che s’impietrisce, quello che sviene, quello a cui viene un infarto e quello che prende le forbici e colpisce”, sottolinea Sicignano.