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L’Italia con l’Etiopia per fermare l’instabilità: obiettivo pace

CronacaL’Italia con l’Etiopia per fermare l’instabilità: obiettivo pace

ROMA – Lo scorso 13 agosto le autorità dell’Etiopia hanno ringraziato pubblicamente il governo della Turchia, “e in particolare il presidente Racep Tayyip Erdogan”, per la mediazione di pace promossa con la Somalia, in modo da “trovare una soluzione” alla crisi tra i governi di Addis Abeba e Mogadiscio. Si tratta del secondo appuntamento tra i vertici dei due Stati del Corno d’Africa per iniziativa di Ankara, dopo quello di inizio luglio, e organizzato con l’obiettivo di ripristinare le relazioni diplomatiche seguita alla crisi del Somaliland. Un terzo appuntamento è previsto per il prossimo 17 settembre, sempre nella capitale turca.

Le tensioni con la Somalia sono iniziate dopo il primo gennaio, quando le autorità etiopi hanno annunciato la sigla di un memorandum d’intesa tra il primo ministro etiopico, Abiy Ahmed Ali, e il presidente del Somaliland, Musa Bihi Abdi, per lo sfruttamento del porto di Berbera, sul Golfo Di Aden, e di 20 chilometri di costa circostante per la durata di 50 anni. In cambio, l’Etiopia garantiva il suo sostegno per il riconoscimento dell’indipendenza della regione.
Immediata la reazione di Mogadiscio, che ha visto minacciata la propria integrità territoriale: non solo il governo federale ha dichiarato “nullo” l’accordo, ma ha denunciato l’illegalità dell’iniziativa definendola “un attacco alla propria sovranità” e quindi ha espulso l’ambasciatore etiope. Ora, dopo il secondo tavolo dei colloqui, il governo etiope si dice pronto a “riprendere normali rapporti nella regione”, ribadendo il proprio “interesse legittimo ad avere un accesso al mare”. Tuttavia, segnala anche che all’indomani del tavolo negoziale, il governo somalo ha siglato con l’Egitto un accordo di mutua difesa. Pur riconoscendo il diritto di ogni Stato di “siglare simili accordi”, l’Etiopia annuncia che “valuterà se la Somalia sta usando i colloqui mediati dalla Turchia per minare la buona volontà” che Addis Abeba sta mettendo nello “spegnere le tensioni”.

La dichiarazione del governo etiope chiama in causa l’instabilità di questo angolo di Africa, con rapporti ormai da anni molto complessi tra Etiopia da un lato, ed Egitto e Sudan dall’altro. Questi ultimi due Paesi da tempo esprimono preoccupazione per la riduzione dell’afflusso di acqua dal Nilo, per via della costruzione della cosiddetta ‘Diga del Rinascimento’, che l’Etiopia punta a impiegare per soddisfare il proprio fabbisogno energetico.
In questo quadro, la mossa di Ankara risponde all’esigenza della Turchia di mantenere stabile una regione importante per la politica estera ed economica del Paese. Anche l’Italia nutre le stesse preoccupazioni, avendo indicato nell’Etiopia uno dei Paesi-pilota del Piano Mattei per l’Africa. Lo ha spiegato il vice ministro degli Affari Esteri con delega alla Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli, annunciando lo stanziamento di 30 milioni di euro in “iniziative di emergenza”, e in particolare la volontà di “sostenere le attività di alcune delle principali Organizzazioni Internazionali attive nel Paese in settori chiave tra cui quello del disarmo, smobilitazione e reintegro degli ex combattenti nella regione etiopica del Tigray, oltre che ad incentivare progetti di organizzazioni della società civile italiane nell’ambito della sicurezza alimentare”.

Il Tigray è stato interessato da violenti scontri a partire dal novembre 2020 tra il gruppo armato affiliato al partito locale e le forze del governo federale. Tale conflitto ha interessato anche l’Amhara, regione vicina e, a sua volta, sede di forze locali rimaste coinvolte nel conflitto. A ricostruire gli eventi è Amnesty international: il 4 agosto 2023, ricorda l’organizzazione per i diritti umani, il governo etiope ha dichiarato uno stato di emergenza nazionale di sei mesi in seguito all’aumento della violenza nella regione di Amhara tra le Forze di difesa nazionale etiopi (Ethiopian national defense forces – Endf) e la milizia Fano. La milizia Fano e le Forze speciali Amhara hanno combattuto al fianco dell’Endf contro le forze del Tigray dal novembre 2020 fino alla firma di un accordo di cessazione delle ostilità il 2 novembre 2022. Il 4 luglio scorso, però, secondo Amnesty il primo ministro Abiy si è rivolto alla Camera federale dei rappresentanti, negando le atrocità di massa passate e in corso, commesse dalle forze governative e alleate.

L’Organismo per i diritti umani chiede quindi maggiori azioni per proteggere la popolazione e garantire giustizia a chi ha subito violenze: “A milioni di persone in Etiopia continua a essere negata giustizia, nonostante le loro vite siano state distrutte dal conflitto” ha commentato Tigere Chagutah, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale. “Sin dall’inizio dello scoppio dell’ultimo conflitto nella regione di Amhara, un anno fa- continua Tigere- le violazioni dei diritti umani sono proseguite senza sosta e senza alcun passo in avanti verso l’accertamento delle responsabilità. Le denunce delle atrocità commesse nella regione del Tigray, emerse per la prima volta tre anni e mezzo fa, così come le violazioni in corso nel prolungato conflitto armato in Oromia rimangono in gran parte senza una risposta”.

Ancora ad agosto, il Comitato Congiunto della Cooperazione allo sviluppo italiano ha approvato iniziative nei settori di ambiente, sostegno all’occupazione giovanile, Pmi, agricoltura, salute e servizi digitali per l’Etiopia, oltre che per Kenya e Mali. “L’azione della Cooperazione italiana in Etiopia- ha concluso il vice ministro Cirielli- intende contribuire alla risposta umanitaria alle molteplici emergenze in atto, intervenendo direttamente sui bisogni specifici nelle diverse regioni del Paese tramite la realizzazione di progetti multisettoriali in linea con l’approccio nesso umanitario, sviluppo e pace”.

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